- Raccontaci, qual è la missione principale della Fondazione Anna e Marco? E quali sono i principali servizi che offre alle persone che si rivolgono a voi?
Premessa: la Fondazione oggi è pronta per iniziare a operare, abbiamo una visione chiara, persone di valore che la sostengono e abbiamo individuato l’area ideale per il primo progetto – anche grazie al sincero interesse riscontrato in istituzioni locali. Non ultimo: è una Fondazione ETS, quindi ente del Terzo Settore, già iscritta al Runts.
Le fondamenta della casa insomma ci sono: mancano ancora molti mattoni, insomma siamo in fase di raccolta attraverso lasciti e donazioni – sia di privati che di aziende. Anche il 5×1000 è importante!
L’obiettivo di ANNA e MARCO infatti è preciso e concreto: realizzare una rete di “case via di casa” per i teen in crisi, e in fuga. Le nostre “stelle di periferia”, che rischiano di spegnersi.
Vogliamo costruire o (ristrutturare) degli ambienti dove tutti i minorenni, indipendente da chi sono, da dove arrivano, tutti, senza se e senza ma, possano trovare rifugio temporaneo: un porto sicuro, accogliente e non giudicante. Aperto a tutti i ragazzi e le ragazze che per mille motivi si trovano in fuga da una situazione difficile o dalla loro famiglia, che si sentono per un attimo smarriti: ecco, ancora non ci sono posti così, dedicati a questa fascia di età oggi fragilissima, in cui possano trovare rifugio.
Mi piace pensare a queste case come dei bivacchi di città, che come i bivacchi di montagna saranno sempre aperti, estate e interno, per chiunque: perché quando ci si trova in una tempesta è troppo facile perdersi… Dobbiamo dare un rifugio immediato, adesso o mai più! Poi la tormenta passa, e potrò tornare a casa mia, o mi accompagneranno verso una soluzione specifica, anche a lungo termine. Ma se non trovo un rifugio adesso, quello che può accadere può segnarmi. Dopo è troppo tardi.
2. Cosa ha portato te, e tutto il board di Anna e Marco, a credere in questo progetto? Da cosa è nato?
L’idea nasce da me, ma non so il perché. È una domanda che mi fanno tutti ma non so rispondere, non lo so, è qualcosa che ho dentro e mi spinge, mi motiva… Mi si chiede: ma hai avuto problematiche in gioventù? No no, sono stato un ragazzo fortunato, cresciuto in una fantastica famiglia, della provincia di Bergamo, ambiente sano. Non ho proprio nulla di cui lamentarmi, meglio di cosi è difficile.
L’unica risposta che mi sono dato è che chiunque di noi ha avuto un fratello o un amico che si è perso: stessa famiglia, stesso ambiente… eppure. Chi di noi non ne ha qualcuno? Io purtroppo sì, e vi dico che erano tutti molto meglio di me, e quello che è capitato a loro poteva succedere anche a me. Sono stato semplicemente più fortunato, forse il buon Gesù, nel momento del mio smarrimento mi ha semplicemente preso, salvato. E ora, visto che sono stato fortunato, che non voglio lamentarmi (di motivi ne avrei, eh), lo devo fare per gli amici che si sono persi; e anche per i figli di amici e colleghi, di storie di fughe, di problemi, di crisi ne ho sentite tante – che tutti ne conosciamo qualcuna, e la sensazione come genitori è di spaesamento, di impotenza…
Io ci credo così tanto da avere deciso, con il pieno assenso dei miei figli, di cedere praticamente tutte le quote delle mie società alla Fondazione: così oggi Anna e Marco è il primo caso in Italia di ente del terzo settore a controllo di una holding. Quando lo dico, tanti commercialisti, notai e avvocati al momento non mi credono, perché non è né semplice né comune. Invece vedo molto interesse da parte degli imprenditori, una fondazione significa anche proteggere l’azienda, creando valore nel tempo…
In sintesi: non lo so quale sia stata la molla, ma se potrò contribuire con le case di Anna e Marco anche a non far perdere un ragazzo, il termine felicità non sarà sufficiente per descrivere le mie emozioni.
3. Che ruolo ha la Fondazione nel fornire supporto emotivo e pratico alle persone che si trovano lontane da casa a causa di malattie o altre situazioni difficili? A che target vi indirizzate con questa realtà?
La nostra “casa via di casa” sarà aperta a chiunque, ma soprattutto a chi si è momentaneamente perso. Il nome Anna e Marco si rifà al titolo della canzone capolavoro di Lucio Dalla. Lucio Dalla da una bellissima definizione degli adolescenti, li definisce stelle di periferia. Sì, di periferia, sporcati dalla vita, abbandonati emotivamente o praticamente, coperti dalla polvere della indifferenza di noi adulti, ma sempre delle stelle: e come tali devono essere trattati.
Quindi nelle case di Anna e Marco Fondazione – ETS devono trovare tutto ciò che si conviene a una stella: un bell’ambiente sano, pulito e accogliente; il cibo che preferiscono, chissenefrega se saranno hamburger! Guardarsi la partita della squadra del cuore, potersi confrontare con psicologi… E se dopo essere rilassati, dopo che tutti i tormenti si sono per un attimo decantati, se non vogliono tornare nella loro casa, potersi fermare a dormire. Potranno ritornare ancora qualche sera, fino a quando la casa familiare o una casa di lunga accoglienza diventeranno il tetto più comprensivo e protettivo.
4. Potreste condividere uno o qualche esempio significativo di come la Fondazione abbia avuto un impatto positivo sulla vita di una di queste persone?
Non ancora, ma sicuramente visto il fortissimo interesse da parte di persone di primissimo livello che hanno deciso di affiancarmi in questo progetto, dal forte interesse di fantastiche persone del mondo istituzionale locale, dal loro forte sostegno morale di relazioni, della volontà dedizioni e determinazione di creare una rete di supporto al progetto e, non ultimo, l’interesse sia di imprese che di persone fisiche che vogliono dare loro contributi economici, anche attraverso lasciti e donazioni… Insomma: dopo questo riscontro, la responsabilità e il dovere di realizzare case via di casa è non è più una visione, è una missione! Un dovere etico.
5. Anna e Marco ETS collaborano con altre organizzazioni o istituzioni per creare una più ampia ed efficace rete di sostegno?
Come le dicevo prima, la collaborazione di organizzazioni e istituzioni è fondamentale per il successo dell’iniziativa, che deve essere calata e inserita e fare network con esperienze multidisciplinari. Anna e Marco intende essere quell’anello, che oggi manca, che insieme a tutti gli altri possa rendere sempre più forte e bella la collana dei valori.
In partenza, la prima rete di sostegno di questa iniziativa viene dalle aziende oggi controllate dalla Fondazione: proponiamo servizi che definirei anche ad alto valore morale, come il videodeposito a supporto e conferma di ogni volontà.
Ci sono poi le opportunità create anche dal valore delle persone nel Board, con le loro competenze e relazioni in settori sia del business che del mondo associativo e delle cooperative. Insomma: il… cantiere delle case via di casa ha ottime fondamenta, non vedo l’ora di inaugurare la prima!
6. Quali sono le sfide principali che la Fondazione affronta nel suo lavoro quotidiano e come si adatta per affrontarle al meglio?
Ad oggi siamo focalizzati su due priorità: una è cercare i siti dove posare le prime pietre, in luoghi che devono andare incontro ai ragazzi e non viceversa. Quindi, per dire, spazi inutilizzati nelle periferie da riconvertire, privati o pubblici, o proprietà di privati ceduti alla Fondazione come lasciti – o terreni (abbiamo pronto anche un progetto prefabbricato).
La seconda, inutile negarlo, è quella economica: le risorse iniziali della Fondazione, pur contando sui futuri utili delle imprese controllate, hanno bisogno del contributo di tutti per poter fisicamente costruire le case via di casa per tutti i possibili Anna e Marco da ospitare.
Quindi ogni donazione, ogni lascito e ogni 5×1000 è un mattone, anzi una parte del tetto che vogliamo costruire.
In questo senso, questa opportunità di avere voce attraverso il vostro magazine per noi è importante – grazie!